Con la sentenza n. 213 del 23 settembre 2016, la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 33 comma 3 della legge n. 104/92 nella parte in cui non include il convivente tra i soggetti legittimati a fruire del permesso mensile retribuito per l’assistenza alla persona portatrice di handicap.
L’obiettivo dei giudici della Consulta non è equiparare coniugi e conviventi ma tutelare la salute psico-fisica del soggetto disabile assicurandogli la vicinanza della persona con la quale ha una relazione affettiva.
La questione che ha determinato la pronuncia da parte della Corte Costituzionale è stata sollevata dal Tribunale di Livorno con un procedimento iniziato nel 2013 in seguito a citazione in giudizio da parte di una lavoratrice dipendente Asl nei confronti della stessa Asl che le aveva negato la possibilità di usufruire dei permessi mensili previsti dalla legge 104/92 per assistere il convivente more uxorio affetto da morbo di Parkinson.
La Asl pretendeva anche di recuperare in denaro i giorni di permesso in un primo tempo concessi e fruiti per alcuni anni dalla lavoratrice effettuando trattenute in busta paga a recupero delle ore di permesso già fruite.
Il Giudice del Lavoro del Tribunale di Livorno, con sentenza dell’8 gennaio 2014, dichiarava l’insussistenza del diritto della Asl a recuperare dalla busta paga gli importi dei permessi e le ore di lavoro dei periodi di permesso e condannava la Asl alla restituzione delle somme indebitamente trattenute.
La Corte Costituzionale ha infine precisato che l’ordinamento non può ammettere disparità di trattamento tra coniuge e convivente quando si tratta di tutelare l’assistenza della persona con disabilità grave.
Per tale motivi, l’Anmic si impegnerà ad avere un dialogo con le istituzioni affinché sia eliminata tale disparità di trattamento.